venerdì, luglio 06, 2007

विअग्गियो नेल सेल्वाग्गियो nord

Il 28 giugno a Roma è la festa santi patroni di Roma, Pietro e Paolo. La festa inizia la sera del 28 giugno nella basilica vaticana, con la statua di San Pietro vestito da pontefice. Ma al di fuori della capitale Italiana e soprattutto in Ghana nessuno celebra, e soprattutto si lavora.

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Io faccio eccezione, ho deciso di andare a visitare il selvaggio nord del Ghana. Un’impresa quasi disperata se la si vuole compiere in un solo weekend. I mezzi di trasporto in Ghana hanno tante belle virtù, sono simpatici, caratteristici, incontri tante persone ed animali diverse, ma l’efficienza non fa parte di questi pregi. Quindi viaggiare per così tanti Km in un solo weekend è rischioso. Ed è così che decido di prendermi un giorno di permesso dal lavoro per poter partire alla volta del nord.

La spedizione è composta da Yuki di GMA e da Kevin, un ragazzo americano che lavora come volontario per TecnoServe, una NGO che si occupa di promuovere lo sviluppo tecnologico nelle zone rurali del Ghana. Decidiamo di prendere l’aereo, l’alternativa è l’autobus che richiede anche 15 ore. Così spendiamo questi $133 a testa e saliamo su un aereo che sembra terribilmente l’equivalente di tro-tro con le ali.

Una volta sbarcati al aeroporto di Tamale, controlliamo di non aver lasciato nessun pezzo per strada e cerchiamo un taxi per recarci al centro. Riusciamo a trovare solo un taxi che, consapevole di essere il nostro unico possibile mezzo di trasporto, ci chiede 3 volte il rezzo consigliato dalla guida. Rigiro il libro e leggo che è stato pubblicato l’anno scorso, l’inflazione in Ghana è al 12% e non al 200% quindi capisco che è ora di mercanteggiare per non farla aumentare.

Guardando questo taxi (cliccate per ingrandire la foto) e l’espressione del povero Yuki forse è chiaro anche a voi che questo “Nord del Ghana” è davvero una terra selvaggia ed avventurosa come dicono nelle guide turistiche. L’autista a malapena capisce l’inglese, trend che ci accompagnerà per tutti i 4 giorni di viaggio.

Arriviamo al centro di Tamale, una città fatta di case di fango o di cemento. Il taxi ci molla in mezzo alla stazione degli autobus, che funge anche da mercato, pollaio e deposito degli animali. L’autobus che dobbiamo prendere noi per andare al "Parco Nazionale di Mole" non è ancora partito, ma non possiamo salire perché è al completo. “Completo” in Ghana vuol dire che ci sono 12 persone, 4 pecore e 10 galline in più dei posti disponibili. Con una rilassatezza tutta ghanese il manager ci dice, dormite qui ed al paco ci andate domani a quest’ora. Ancora non sono diventato Africano e la mia dimensione del tempo è rimasta europea, inoltre non abbiamo tutto questo tempo e decidiamo allora di prendere un tro-tro per arrivare alla città più vicina. Il manager ci carica su un taxi e, più per grazia dello Spirito Santo che per merito del autista e dei suoi pneumatici di legno, arriviamo a destinazione.

Il tro-tro è pronto che ci aspetta, sono solo le 3.20 del pomeriggio, alle 4 partirà, ma qualcuno è già in groppa. Tranquilli tranquilli andiamo a prenderci una birra in un bar vicino, girato l’angolo già diventa campagna ed il bar diventa subito un tranquillo angolo dove riposarci in compagnia di simpatiche mosche e zanzare che sembrano gradire la birra locale più di me.

Lasciata metà bottiglia alle zanzare, arriviamo in perfetto orario al tro-tro che è QUASI pieno ormai, mancano 4 posti. Ci accomodiamo, ma l’autista in perfetto stile affarista ghanese non parte finché i 4 posti vacanti non si riempiono.

Ci vogliono un’ora e mezza, e alle 5.40 finalmente il carrozzone parte tra i belati dei passeggeri non paganti (le capre). Il panorama è bello, e agni stop (circa ogni 2km) il carrozzone si ferma per far scendere i passeggeri e farne salire altri, ovviamente non parte finché ogni singolo posto è occupato, non sia mai guadagnasse tempo e perdesse 4 soldi. In Ghana il tempo non è denaro.


Alle 8.00pm abbiamo ormai fatto la bellezza di 50km di, di cui un terzo in strada sterrata. Quasi una distanza incredibile da queste parti. Siamo coperti di polvere, ma non è finita. Ora inizia il bello, siamo ancora a 16km di strada sterratissima dalla destinazione. Il villaggio in cui siamo è semi-illuminato, c’è solo un tassista che strofinandosi le mani approccia noi turisti dal muso bianco e dal portafoglio pieno.

Per 16km lo Zio Paperone d’Africa ci chiede 200,000 cedis, circa 21$. Dopo un’ora di mercanteggio interrotto siamo costretti a pagare ed andarcene prima di diventare parte del paesaggio. Arriviamo solo alle 10.30 al Mole National Park, l’avventura è appena iniziata!



Larabanga

Ci svegliamo alle 6.00, alle 6.30 parte il safari all’interno del mitico parco nazionale. Ci aspettiamo di vedere elefanti, gazzelle, facoceri, babbuini e forse anche Luciano Moggi ma ci dicono che l’ultimo esemplare è in via d’estinzione.

Ci accontentiamo quindi di vedere un sonnacchioso elefante che fa colazione, un branco di facoceri in caccia e qualche gazzella spaventatissima. C’è un silenzio incredibile. Giriamo così per qualche ora stando sempre alla larga dagli animali perché essendo veramente selvaggi non sono abituati alla vicinanza con l’uomo. C’è spazio anche per un attacco delle temibili formiche soldato che si fanno un bel safari tra i miei vestiti facendomi ballare e danzare la tarantella. L’avvistamento di un piccolo coccodrillo completa il safari. Alle 9.30 tutti al albergo a consumare la meritata colazione.

Ora non ci resta che fare un bel giro per Larabanga, famosa per la moschea di fango ed un pietra magica. Per arrivare a Larabanga il modo più veloce è la bicicletta, che con grande stupore di Yuki scopiamo essere di origine giapponese. Con il velocipede nipponico ci muoviamo alla volta Larabanga. Un imprevisto passaggio di 10 elefanti blocca presto la mia strada, i pachidermi in fila come militari bloccano il passaggio. Dopo qualche minuto riprendo il cammino e raggiungo il resto del gruppo. Arriviamo a Larabanga e cominciamo a visitare le varie attrazioni.

La storia di Larabanga è in gran parte misteriosa, o nota solo attraverso i racconti semi-leggendari tramandati dalle popolazioni locali. Secondo tali tradizioni, la città fu fondata fra l'XI e il XIV secolo da Yidan Braimah (oggi spesso chiamato più informalmente "Ibrahim"), un Kamara giunto in Ghana da Medina su richiesta di Ndewura Jakpa, re del popolo Gonja, che desiderava una guida spirituale per le proprie conquiste. Con l'assistenza di Ibrahim, Ndewura riuscì a far capitolare Kango, un'antica città nell'odierna Costa d'Avorio, che da tempo si opponeva ai suoi eserciti. Di questa vicenda è rimasta traccia nel saluto che ancora oggi i Gonja rivolgono ai Kamara, kongote, che significa "Kango è finita". Come ricompensa per l'aiuto ottenuto, Ndewura concesse a Ibrahim di insediarsi dove preferiva nel regno. Ibrahim si recò presso la pietra mistica, una roccia a cui la popolazione locale attribuiva un grande potere spirituale. Qui Ibrahim scagliò la propria lancia nel cielo, dichiarando che si avrebbe costruito la propria casa dove la lancia fosse caduta. La lancia cadde in una pianura fertile chiamata all'epoca Zuriyir, che era disabitata, in corrispondenza dell'attuale collocazione della moschea. Il terreno su cui sorge la moschea viene chiamato ancora oggi yirikpani, "il punto dove atterrò la lancia".

La famosa moschea di fango si erge all’ombra di un antichissimo baobab. Fu costruita vicino a questo albero perché ritenuto sacro, ogni anno per la ricorrenza religiosa fedeli da tutti i villaggi vicini si recano qui per togliere listelli dalla corteccia di questo grandissimo albero per portarli nello loro case come segno di buon auspicio. Scattata qualche foto davanti all’ingresso della moschea decido di mettere la testa dentro per vedere com’è. L’Himam non gradisce e ed esce fuori urlando in arabo e danese vari insulti nei confronti della nostra guida, rea di avermi permesso di ficcare la testa nel luogo sacro.

A giudicare da come ci guardano i bambini del villaggio, qui le vere attrazioni non sono la moschea e la pietra magica, ma siamo noi obruni venuti da chissà dove. I bambini ci si attaccano come ventose. Sono diversi dai bambini che ho visto ad Accra. I piccoli della capitale sono solo curiosi, ti guardano con occhi grandi ed increduli, questi sono in più molto audaci e senza paure. Si aggrappano ovunque e non ti mollano, sembra che vogliano venire via con te. Kevin è felicissimo di questo, Yukie è così spaventato che ha anche paura di tirare fuori la macchina fotografica.

Per le vie della città vediamo scorrazzare non solo bambini ma anche pulcini di faraona e di avvoltoio in mezzo ai pulcini canonici. Cosa ci fanno? Scopriamo che gli allevatori locali mettono le uova di faraona e di avvoltoio insieme alle uova di gallina per aiutare per aiutare i pulcini della faraona ad uscire dal uovo. Kevin chiede se possiamo assaggiare la carne di faraona perché non avendone mai vista una prima e cuorisissimo. Allora decidiamo di rimanere qualche ora in più per potere assaggiare questa carne prelibata.

Le ore in Ghana fanno presto a raddoppiare e la nostra cena a basa di faraona, banku e salse varie è pronta solo alle 7 di sera. Ceniamo al buio nello spiazzo di fronte al pollaio e qualche capanna. I bambini si riuniscono per vederci mangiare, dobbiamo essere proprio buffi per suscitare così tanta attenzione e risa da parte dei bambocci!

Quando finiamo è davvero ormai tardissimo per muovervi verso Tamale. Siamo costretti a pernottare a Larabanga. Scegliamo di alloggiare alla guest house dei fratelli Zama, una bella capanna completa di rapazzola, tavolozzo in pietra e lanterna in legno stile ottocentesco mi accoglie per la notte. E’ stato davvero un giorno stremante.



Bolgatanga

Dopo pochi secondi mi sveglio, sono solo 3.50 di mattina ma già mi devo svegliare. Alle 4.00 passa l’autobus che ci porterà a Tamale. Questo autobus è solo un tro-tro più grande, il confort è sempre quello, solo mancano capre e galline. Me ne farò una ragione.

Dopo molte, molte, molte soste arriviamo a Tamale. Sono quasi le 8.00 ed è davvero ora di fare colazione e trovare un albergo per la notte. Sistemate queste faccende siamo pronti per cercare un mezzo di trasporto per Bolgatanga. I taxi costano cifre spropositate, quindi dopo vari tentativi di negoziazione siamo costretti ad accettare il destino e montare su l’ennessimo tro-tro. Più ci avventuriamo verso nord più questi tro-tro assomigliano a dei carri bestiame, questo in più al’optional della doccia per tutti i passeggeri che, come me, stanno vicino allo sportello a “tenuta stagno”, nel senso che dopo solo 10 minuti il tro-tro assomiglia ad uno stagno pieno d’acqua.

Nono si sa come, ma dopo qualche ora arriviamo a Bolgatanga, è già ora di mangiare e andiamo a giustiziare un’altra faraona. Il nostro palato ormai è abituato a Faraone ruspanti di campagna e quindi questa Faraona di città non ci sembra nulla di che. Partiamo subito dopo pranzo per andare a visitare Bongo, un paese all’estermo nord del Ghana, quasi in Burkina Faso. Qui poche persone parlano inglese e di visi pallidi come noi se ne vedono pochi. Sarà per questo che si aspettano da noi l’equivalente del loro salario di un anno. Per arrivare a Bongo bisogna prendere un taxi, l’autista sa davvero come schivare mucche, galline, asini, cristiani, mussulmani, faraone e capre, quest’ultime di gran lunga le più pericolose e sfuggenti. Qui al confine col Burkina Faso vediamo animali che ad Accra e Kumasi non si vedono, mucche, pecore e asinelli.

Bongo non presenta nulla di interessante, l’attrazzione e nella sua campagna. Ci avventuriamo tra le frasche guidati da un indigeno ed arriviamo a vedere un bellissimo panorama tra le rocce. Un baob crollato ma ancora vivo e gigantesche e misteriose rocce collocate misteriosamente ed incredibilmente sulle cime delle colline circostanti

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Scattate molto foto comincia a diventare buio e davvero abbiamo solo il tempo di tornare a Bolgatanga e da li prendere l’ultimo tro-tro verso Tamale. Ultima tappa l’albergo ed il meritatissimo riposo.

Ci svegliamo alle 7. e c’è appena il tempo per lavarsi e montare sul autobus per partire in direzione di Accra. Questi autobus del STC, sono proprietà del governo ed hanno – udite udite – l’aria condizionata ed i posti numerati. Mi ci vuole mezz’ora per abituarmi all’assenza di capre, galline e matrone nere pronte a schiaffeggiare prole, pollame e me con un colpo solo al primo crollo di nervi. Addirittura abbiamo la tv ed il DVD! Devo dire hce avrei preferito le capre alla tortura dei film nigeriani. Sono storie antiche d’amore e di magia infarcite di voodoo e tradimenti adattate ai tempi nostri. Il peggio della tradizione locale e dell’idea di Holliwood che hanno in Lingeria. Addirittura questo insieme di abomini nigeriani ha anche un nome, Nolliwood (Nigerian Holliwood), il nome dice tutto.

L’autobus ci mette solo 15 ore per arrivare ad Accra. Facciamo letteralmente tutta la nazione dal estremo nord all’estremo sud in un giorno. Quando vedo le luci di Accra mi coglie quasi un gemito di gioia! Finalmente dormirò in un vero letto!!!

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